Quando riflettiamo sulla realtà dell’immigrazione per poi, nel limite delle nostre possibilità, intervenire, dobbiamo prepararci a cambiare poco a poco il modello interpretativo, perché si tratta di capire una realtà che muta costantemente. Tuttavia ci sono – ci debbono essere – alcuni punti fermi e pensiamo sia giusto chiarire qual è l’orizzonte di interessi, valori e valutazioni che ci siamo dati.

Noi partiamo dal presupposto che questo fenomeno non è arrestabile e non è da combattere. È la logica conseguenza di come si è distribuito il benessere nel mondo.

Le politiche di freno all’immigrazione non fanno altro che rendere difficile e costoso l’ingresso nei paesi più ricchi, con la conseguente nascita di una economia criminale di servizi per l’immigrazione clandestina, di cui la tratta degli esseri umani è la punta più estrema.

Diffidiamo della retorica sull’immigrazione, di qualsiasi segno sia, e dell’ipocrisia e doppiezza di chi si lamenta della presenza indesiderata di stranieri, quando gli stessi sono così spesso utili a sopperire a mancanze del tessuto socio-economico dei nostri paesi. Donne e uomini sfruttati e relegati ai margini della società, buoni per raccogliere ortaggi al costo di pochi euro a cassetta, a badare ai nostri vecchi giorno e notte, a cucire la notte come terzisti, a offrirci svago sessuale.

Non abbiamo certo la pretesa di spiegare come vada affrontato il fenomeno dell’immigrazione, ma una scelta di metodo ce la siamo data: meno retorica possibile e alla larga dall’ipocrisia.

Nello scegliere di chi occuparci abbiamo privilegiato le donne che vivono situazioni di particolare rischio, sofferenza ed emarginazione. Non sono rappresentative di per sé del fenomeno dell’immigrazione femminile in Italia, dato che questa immigrazione è fatta in gran parte di donne che si sono inserite positivamente nel tessuto sociale, economico e culturale del nostro paese.

Anche se abbiamo deciso di occuparci, prima di tutto, di tratta degli esseri umani e di prostituzione, non saremo certo noi a descrivere l’immigrazione femminile come il dominio dello sfruttamento e della discriminazione, o ad indicarne nella prostituzione un ambito privilegiato di attività. Va ribadito che i numeri dicono tutt’altro, e che le storie di successo e di felice realizzazione sono prevalenti e qualificano la realtà dell’immigrazione, femminile e non. Queste storie positive rappresentano l’orizzonte di riferimento dei nostri interventi. Alle donne che incontriamo presentiamo il modello delle proprie compagne di migrazione, talvolta connazionali, per mostrare che è possibile farcela. Non un modello di integrazione rigido e paternalista, inconsapevolmente eurocentrico, ma un modello flessibile, aperto alla diversità e capace di valorizzarla.

Ciò che proponiamo alle donne migranti è d’altra parte il frutto di una esperienza di incontro tra persone straniere e italiane, uomini e donne, che è alla base della nostra associazione.

Abbiamo individuato nell’autodeterminazione della persona il valore di riferimento. Ognuno deve essere libero di disporre di sé, all’interno di una cornice di ammissibilità dettata dalle leggi. Per questo – per tornare al tema della prostituzione su cui operiamo da anni – riteniamo che anche la scelta di lavorare con il sesso vada difesa, se fatta liberamente. Se sfruttamento e coercizione debbono essere combattuti aspramente, e con tutti gli strumenti possibili, alle donne e agli uomini va riconosciuta la libertà di disporre del proprio corpo.

Noi operiamo al fianco delle persone, senza giudicarle o pretendere di educarle, ma svolgendo una azione informativa e di accompagnamento che ne liberi il potenziale.

Visita la sezione delle iniziative per saperne di più.

 

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